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68 Giri in Kodachrome è un racconto teatrale costruito rubando parole e immagini alle canzoni. Il personaggio, Ernesto, un giovane fotografo giornalistico alla ricerca della propria identità, scopre che sta per diventare padre proprio nel momento in cui perde il suo. Ed è in questo spazio, tra una vita che si spegne ed una che affiora, che Ernesto si sofferma su quattro momenti di gioventù. Quello dei giovani bisnonni partiti per l’America nel ‘900. Quello dei giovani nonni partigiani della resistenza. Quella dei giovani genitori attivi nella contestazione universitaria del ‘68.
E di fronte a questi percorsi di vita Ernesto si chiede quale sia il ruolo della propria giovinezza.
68 Giri in Kodachrome è una celebrazione della gioventù e dello spirito di cambiamento che essa comporta. L’umanesimo come legame transgenerazionale. Ernesto è un trentenne di oggi:
"Mio padre. Andrea Gallo, italiano, macchinista ferroviere... e poeta. Nato a Bologna il 20 marzo 1944, figlio... di Giorgio Gallo il partigiano, italiano, nato a New York, gennaio 1912. Italiano pure io, nato il 2 Maggio 1973 a Buenos Aires. Fotografo.
Mi chiamo Ernesto... come Hemingway, diceva mio padre."
Se chiedete ad Ernesto cosa gli abbia lasciato suo padre, vi risponderà:
alcuni dischi che mi faceva ascoltare da bambino, libri, fotografie.
"L'identità formata in un mucchio di canzoni colori e profumi d’infanzia."
Il legame con una generazione piena di sogni, coraggio, amore e poesia, che ha voluto cambiare il mondo e ci ha aperto un orizzonte. L'appartenenza è diversa per ognuno di noi. Quell'amore è per noi un'eco che risuona al di là dei tempi, al di là dei fatti e al di là delle idee. 68 giri in Kodachrome è una creazione di Pablo Bursztyn e Noce Noseda, con ''parole cangianti strappate'' dai cantautori e dai poeti che li hanno aiutati a ricevere il primo bacio.
68 Giri in Kodachrome è stato messo in scena in agosto 2003 al Festival internazionale di teatro di Arzo, ottenendo un grande successo di pubblico e critica, situando la compagnia tra le più interessanti nel panorama teatrale ticinese.
68 giri in Kodachrome è stato scritto e diretto da Pablo Ariel Bursztyn
e recitato da Andrea Noce Noseda (2003-2004) e da Pablo Ariel Bursztyn (2005-2012)
Il '68, omaggio ticinese a una generazione
Bel debutto al Festival di Arzo per il Teatro della Memoria Attiva
(La regione, 02/09/03)
E' ticinese la più bella scoperta della quarta edizione del Festival internazionale di narrazione dei paesi della Montagna, andato in scena nel weekend nelle corti e sulla piazza di Arzo con l'ormai tradizionale grande successo di pubblico (e un'elevata qualità media della proposta). Domenica sera ha infatti debuttato, e pienamente convinto, lo spettacolo 68giri in Kodachrome (Una storia d'amore) del neonato Teatro della Memoria Attiva che, più che una compagnia, è forse il caso di definire un progetto di ricerca espressiva. Ma con un nome che è già tutto un programma. 68giri in Kodachrome è un omaggio più che un ricordo della generazione che comunemente si definisce "del '68", ma che era in realtà molto di più e molto altro. Scritta e diretta dall'argentino Pablo Bursztyn, questa prima produzione del Teatro della Memoria Attiva è la storia di famiglia di tutta una generazione, dai sogni privati alle pubbliche utopie, dai drammi individuali alle tragedie collettive. Il personaggio in scena, un ragazzo che sta per diventare padre e ha a sua volta appena perso il papà, racconta la storia della sua famiglia a partire dai bisnonni emigrati in America, passando per i nonni che hanno fatto la Resistenza fino ai genitori presi nel vortice della contestazione studentesca prima e del golpe militare in Argentina poi. Il filo conduttore è dato dalla musica, quella che ha fatto da colonna sonora soprattutto per i genitori del protagonista: Guccini e De André, John Lennon e Simon and Garfunkel, il repertorio della canzone di protesta e così via, tutti a modo loro cantori di quella immaginazione al potere che fu il collante ideale dei giovani di trenta e più anni fa. Dai dischi emerge la memoria, i testi danno parole al narratore e il racconto a sua volta rievoca in un continuo gioco di rimandi altri ricordi, altre emozioni che a quelle canzoni sono indissolubilmente legati.
Non si tratta di uno spettacolo banalmente politico. In 68 giri in Kodachrome si intrecciano infatti diversi temi, dalla funzione della memoria individuale e collettiva al rapporto fra genitori e figli, dalla paternità come ruolo cui dare (finalmente) una parte alla difficoltà di trovare un posto nel mondo, e così via. Il testo di Bursztyn è bello, complesso, a tratti commovente ed è soprattutto drammaturgicamente molto ben costruito.