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Secondo capitolo di 68 Giri in Kodachrome.
Se nel primo capitolo il protagonista, il fotografo giornalistico italo-argentino Ernesto Gallo, si trova a dovere definire la propria identità rispetto a un passato tramandatogli dal padre, in “Terra bruciata” egli deve comprendere se stesso nell’interazione col proprio presente. Un presente che lascia poco margine alla riflessione passiva e ci spinge, nella sua voragine di eventi simultanei ed apparentemente scollegati, ad un costante agire senza concederci il tempo per processare l’informazione. Un presente dove la realtà sembra aver superato largamente la finzione con scenari spettacolarmente esagerati, degni di un drammatico film hollywoodiano: un mondo bombardato da informazioni mediatiche su guerre, fame, povertà, malattie epidemiche ed altre assurdità.
Il divenire individuale è strettamente legato al collettivo. Il diritto d’autoaffermazione è intimamente correlato con quello degli altri: la presa di responsabilità di fronte alle nostre azioni nel nostro presente crea una consequenzialità nel presente altrui. Così le vicende di una famiglia statunitense, di un amico italiano, di una famiglia irachena e di Ernesto stesso trovano una relazione.
“Non succede mica su Marte tutto questo! Il mondo è dietro l’angolo. Basta uscire un attimo per strada ed è tutto lì davanti a noi… No, non sono preoccupato per il futuro dei nostri figli, mi inquieta di più il presente che tocca loro vivere”. (Ernesto)